Amabam Amare is a latin expression from St. Augustine’s Confessions written between 397 and 398 Anno Domini that means ‘to be in love with the idea of being in love’.
The project analyses the expectations and illusions we have towards ourselves and how they inform and determine how we perceive and define the concept of accomplishment, success or defeat in our lives.
To escape and exorcise one of her own expectations the artist ironically enacts and brings to reality one of them, that of getting married and having a wedding picture. In Italy marriage still carries a very powerful message of social success and represents a personal goal many women are brought up with. Not accomplishing such task is still perceived as a sort of failure. In an ironical rebellion against such stigma the artist minutely enacts a wedding picture where everything is false, from the groom (a stranger found through an advert and never met again) to the plastic bouquet, and the dress, bought in a charity shop.
Nondum amabam, et amare amabam è un’espressione tratta dalle Confessioni di S.Agostino e significa “Non amavo ancora, tuttavia amavo amare”.
Inseguire un’idea, un ‘illusione, un miraggio che possa sottrarci al vuoto di significato o direzione e salvarci. Prestarsi a riti religiosi o sociali nella ricerca di un ruolo, una risposta o una direzione da seguire. L’artista si interroga su quali siano la portata e impatto a livello identitario, culturale e sociale di tali riti di passaggio. Attraverso un rito esorcistico, l’artista costruisce e inscena una foto nuziale, pietra miliare di una tradizione cristiana e socio-culturale che per molto tempo ha rappresentato e tutt’oggi rappresenta un traguardo ambito a livello personale e collettivo, un rito di passaggio al ruolo di madre e moglie, la conquista di un sogno infantile spesso fantasticato e progettato sin nei minimi dettagli.
Riflettendo sul contenuto semantico e valore simbolico di tale evento il gesto rappresenta un tentativo di svuotare ed evadere un’illusione.